Certo, sono tanti, ma io non me li sento addosso. Mi ricordo quel lontano 1950 quando un mio amico d’infanzia mi portò in una sala di scherma (Cral Ansaldo di Livorno).
Ne fui affascinato e nell’apprendere la tecnica di scherma fui abbastanza precoce, tanto che dopo 6 mesi riuscivo a cimentarmi con i miei colleghi di sala più grandi di me.
A quei tempi, prima di prendere il fioretto in mano, il maestro ci faceva fare pedane su pedane di passo avanti e affondo, e solo quando riuscivamo a fare i movimenti coordinati tra gambe e pugno perfettamente eseguiti, allora il maestro ci autorizzava ad impugnare il fioretto per la lezione.
I maestri all’epoca erano molto severi ed esigenti. Mi ricordo che in una gara nazionale giovanile si passava al turno successivo solo se si eseguivano perfettamente i movimenti tra gambe e pugno.
Oggi, ai tempi attuali, una cosa del genere sarebbe improponibile.
Però bisogna tenere presente che la corretta impostazione dello schermidore è la base da cui bisogna sempre partire.
Che dire del mio passato schermistico? Per raccontarla ci vorrebbe un libro intero e forse non basterebbe.
Certamente ci sono stati dei periodi di grande soddisfazione, ma anche altri di sofferenza.